Visita alla casa circondariale di Vicenza

La giornata si inseriva all’interno del progetto proposto dal CSI (Centro Sportivo Italiano) alle scuole superiori vicentine, che tende ad avvicinare il mondo del carcere alla società.
Come ha anche sottolineato l’ispettore Nicolin, una delle figure incontrate dai ragazzi nel corso della mattinata, fino a qualche anno fa il mondo del carcere era molto chiuso e refrattario al confronto con la società esterna. Oggi invece favorisce la trasparenza e la conoscenza di ciò che vi avviene, sia nei suoi aspetti positivi che in quelli più duri e problematici.
Già la procedura per l’entrata, dove gli studenti hanno anche dovuto lasciare i propri cellulari e sono stati controllati come in un normale check in dell’aeroporto, ha posto noi tutti visitatori in quella tensione che ti indica che sei in un contesto “speciale”. Anche i vari passaggi di portoni blindati e cancelli vari non ha lasciati indifferenti.
La mattinata si è svolta nella piccola sala riunioni posta all’interno delle sezioni e ha dato modo di ascoltare e comprendere il vissuto carcerario da vari punti di vista: quello dell’agente di polizia penitenziaria, quello dell’infermiere, quello del cappellano, quello dell’educatrice ed infine anche da quello di un detenuto. L’aspetto che ha colpito maggiormente è la forza con la quale tutti, ognuno dal suo particolare punto di vista ed intervento, hanno sottolineato l’importanza di uno spirito, ed una concreta prassi, di recupero e sostegno della persona che ha sbagliato, di promozione dell’Umanità di ciascuno, che abbia come fine la promozione della società stessa.
Siamo poi stati accolti nella mensa della polizia penitenziaria per una pausa e per il pranzo al sacco. Nel primo pomeriggio i ragazzi maschi sono rientrati nelle sezioni, nella zona di svago delle ore d’aria, dove hanno giocato una partita a calcio con una formazione di detenuti.
Al di là del livello agonistico, per alcuni elementi sia del Garbin che tra i detenuti particolarmente eccellente, è stato un bel momento di condivisione e conoscenza terminato agonisticamente con un onesto pareggio di 3 a 3, ma anche con uno scambio di biscotti e di bibite tra ragazzi e detenuti.
Accompagnate dalle docenti e “scortate” dall’ ispettore Nicolin, persona di grandissima disponibilità, le ragazze, nel frattempo, hanno avuto modo di approfondire la conoscenza della realtà della casa circondariale di Vicenza. Si è così appreso che la struttura ospita attualmente cento detenuti con pena già comminata e altri cento in attesa di processo; l’età media dei detenuti è trentacinque anni. Alcuni degli ospiti sono “vecchie conoscenze”, persone che sembra incontrino una particolare difficoltà nell’affrontare con positività il mondo esterno, i più stanno vivendo la loro prima, e si hanno buone ragioni per credere, ultima, esperienza di detenzione. Il clima è generalmente sereno, buono lo spirito di collaborazione fra i detenuti e fra questi ed il personale. Non si è mai verificato un tentativo di fuga e non sono mai scoppiate risse significative. La maggioranza vive con impegno e gratitudine tutte le opportunità che vengono offerte per impegnarsi in qualche attività: la coltivazione di frutti ed ortaggi nelle serre, la pasticceria e panificazione, piccoli lavori di manutenzione..a chi lo desidera, e presenta i requisiti idonei, è offerta la possibilità di un corso di istruzione professionale. Prezioso risulta il contributo dei numerosi volontari che, con diversa cadenza, mettono a disposizione tempo e competenze a favore dei detenuti.
Infine si sono visitati due cellulari, furgoni adibiti al trasporto dei detenuti, uno ad uno e l’altro a quattro posti.

Spesso il mondo del carcere è avvolto da pregiudizi e da una retorica mediatica che lo dipinge da un lato come luogo in cui circoscrivere tutti i problemi sociali, dall’altro come bacchetta magica per la soluzioni di tutti i problemi di illegalità e delinquenza. Gli incontri, la giornata, le riflessioni ci hanno fatto capire che la realtà carceraria è una realtà complessa, con le sue luci e le sue ombre. Che spesso vi lavorano persone motivate, competenti, desiderose di vedere nei detenuti delle persone e non dei “mostri”. Resta in tutti viva talvolta quella morbosa attenzione per i dettagli più “pittoreschi” della storia di alcuni detenuti ma come ci ha detto uno di loro, il carcere è spesso più vicino di quanto ognuno possa immaginare. E la giornata del 2 maggio è servita proprio per comprendere questo.

Ipsia Garbin, 02/05/2017
Progetto “Carcere – scuola – CSI”

Alcuni partecipanti all’esperienza

Risultati concorso ASOC – A Scuola di OpenCoesione

Il Team Hot Tube di IPS Garbin di Schio si è piazzato al 32° posto, su 139 scuole finaliste, con 74,1 punti.
Un buon risultato finale, che vede il Garbin come primo assoluto tra gli Istituti Professionali partecipanti.
Inutile sottolineare che la maggior parte delle scuole concorrenti sono Licei o Istituti di Istruzione Superiore.
 
Orgogliosi dei nostri studenti della Manutenzione di base, che hanno dimostrato un impegno, una tenacia e un senso di responsabilità al di là di ogni aspettativa, sfidando un compito con richieste di livello molto alto.
Possiamo dire di aver fatto un bel salto di qualità.
I docenti responsabili del Progetto,
Michele Trabucco e Annalisa Maule
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Di seguito il link con la classifica dei vincitori:
http://www.ascuoladiopencoesione.it/asoc1617-vincitori/
e il link al Blog del Team Hot Tube, con i Report dei nostri ragazzi:
http://www.ascuoladiopencoesione.it/blogs/1/814

Usa la tua forza, non quella degli altri

Lunedì 3 Aprile 2017 noi alunni delle tre classi dell’indirizzo servizi socio-sanitari ci siamo recati presso la comunità di San Patrignano, una comunità terapeutica di recupero per tossicodipendenti fondata nel 1978 da Vincenzo Muccioli che fino ad oggi ha accolto oltre 25.000 persone gratuitamente. Si trova in provincia di Rimini, in una particolare posizione collinare circondata da vigneti.

Clicca sull’immagine per ingrandire

Questa struttura accoglie ragazzi in difficoltà che decidono per volontà loro di iniziare un’esperienza di vita nuova con lo scopo di riscoprire e “ricostruire” il loro corpo e la loro mente debilitati dall’uso degli stupefacenti. Attualmente gli ospiti della comunità sono circa 1.300 ,nella comunità svolgono la loro attività 109 operatori volontari e 313 tra collaboratori e consulenti. La comunità accoglie circa 50 bambini, figli di operatori e di ragazzi che svolgono il percorso, numerosi nuclei famigliari e più di 40 minorenni divisi in due strutture, una maschile e una femminile.
Alcune delle persone accolte svolgono il percorso in alternativa al carcere. I fondi necessari al mantenimento dei ragazzi e delle strutture derivano dalle attività e dai beni e servizi prodotti secondo il principio dell’autogestione. Da anni la comunità si impegna nel campo della prevenzione della tossicodipendenza, attraverso iniziative sia all’interno che all’esterno della comunità.
Una volta arrivati, siamo stati accolti da alcuni operatori volontari provenienti dal percorso di recupero che ci hanno accompagnato nel teatro della comunità dove uno di loro di 19 anni ci ha raccontato la sua storia. Di seguito è stato aperto un dibattito che ha favorito il coinvolgimento di pensieri ed emozioni, ad esempio ci ha colpito maggiormente la storia di un ragazzo che già all’età di 9 anni ha iniziato a fumarsi lei canne, questo lo ha portato a chiudersi in se stesso e ad evitare il dialogo con la sua famiglia. È iniziato tutto dalla mancanza di affetto da parte dei suoi genitori e pensava di trovare appoggio frequentando ragazzi più grandi di lui non accorgendosi che lo stavano trascinando nella brutta strada.
Successivamente per il pranzo, siamo stati accolti nella loro ampia mensa e i ragazzi si sono seduti a tavola con noi quindi abbiamo avuto l’opportunità di interagire e scoprire più in dettaglio la loro esperienza di vita.
L’esperienza che ci ha suscitato delle emozioni forti è stata quella di un ragazzo di 28 anni, il quale per farsi vedere grande dagli amici di suo fratello maggiore ha iniziato ad assumere cocaina all’età di 14 anni, il fratello che era, appunto, nella sua stessa situazione è morto 4 anni fa per overdose, in seguito a questo fatto il ragazzo di 28 anni ha deciso di entrare in comunità per la paura di fare la stessa fine del fratello.
Nel pomeriggio abbiamo visitato alcuni settori lavorativi presenti all’ interno della comunità, ovvero laboratorio di grafica e stamperia, il settore tessile, il laboratorio della carta da parati, la cantina e il centro medico.
Questi settori favoriscono l’apprendimento di una professione e dunque danno ai ragazzi la possibilità di reinserirsi nella società e nell’ambito lavorativo.
La gita ci ha fatto capire e riflettere su quanto facile possa essere cadere nella dipendenza da sostanze le quali portano le persone a perdere le relazioni sociali e soprattutto le relazioni affettive: nella maggior parte dei casi si tratta di situazioni di disagio sottovalutate e purtroppo addirittura ignorate sia dai soggetti interessati che dalle persone che gli stanno attorno.
Grazie a questa gita molti di noi hanno aperto gli occhi su questo argomento che, purtroppo, al giorno d’oggi è molto presente tra noi giovani.
Ciò che riteniamo più importante è dire no alla droga ma soprattutto dire no alle tentazioni negative della vita ,credere in sé stessi perché ognuno di noi è speciale a modo suo e per questo non c’è bisogno di nascondersi dietro a persone che non siamo perché vorrebbe dire mentire a noi stessi.

Schio,12 Aprile 2017

Thiene – Betlemme: il ponte di amicizia si consolida

Mentre a Schio gli studenti erano impegnati nella raccolta fondi per supportare la scuola IPS G. Ercoli anche nella sede di Thiene, il giorno dei colloqui generali con le famiglie, è partita la gara di solidarietà a supporto della Scuola Paolo VI di Betlemme che ospita la piccola Roha.
Le classi del Socio Sanitario avevano infatti incontrato, qualche settimana prima, la rappresentante dell’associazione Il Filo Tatiana Rubini e, colpite dal racconto delle sue esperienze e dal grande lavoro che la scuola di Effetà svolge sul territorio palestinese a favore dei bambini audiolesi, hanno deciso di impegnarsi fattivamente per contribuire al suo sostegno.
L’attività è stata coordinata dalla prof.ssa Maria Giordano e dagli studenti di 3ASTH Paolo Viero e Samantha Osmani che, con il loro entusiasmo e la loro buona volontà, hanno organizzato la maratona di solidarietà coinvolgendo studenti e famiglie. Hanno contribuito in maniera determinante alla buona riuscita della raccolta anche gli studenti Chiara Busato e Michela Meda della 1AS, la sign.ra Luigina Capozzo e il prof. Canale.
Ancora una volta il Garbin dimostra grande sensibilità e capacità di agganciarsi alla contemporaneità mettendo in moto competenze, abilità e cuore.

Y.D’Autilia

Il mio viaggio in lussemburgo

Il C.R.E.U.S., Centro Relazioni Europee di Schio, organizza ogni anno “EuroMaster-Workshop”, manifestazione riservata agli studenti delle classi terze, quarte e quinte delle Scuole Secondarie Superiori di Schio: tra i partecipanti vengono poi selezionati i 15 vincitori del viaggio premio in Lussemburgo e, nello specifico, nei luoghi istituzionali della UE.
Ogni istituto seleziona il proprio gruppo di studenti che deve poi prender parte ad un incontro di otto ore chiamato “Workshop”. Durante questo incontro i relatori (due delegati degli uffici UE della sede di Milano e un rettore di una facoltà dell’Università di Padova) affrontano varie tematiche inerenti l’Unione Europea e, i circa 150 studenti coinvolti possono partecipare attivamente con le loro domande, dubbi e curiosità.
Dopo circa due settimane dal “Workshop” agli studenti viene somministrato un test con domande inerenti sia la storia della UE che di cultura generale. I 15 ragazzi che totalizzano il miglior punteggio vengono premiati con un viaggio.

Tre giorni dopo aver concluso il test, ricevo la chiamata dal presidente del C.R.E.U.S. che mi comunica di essere tra i 15 vincitori che partiranno per il Lussemburgo.
Il 16 marzo il gruppo parte con destinazione Petange, città Lussemburghese gemellata con Schio.
Arrivati in tarda serata nella piccola cittadina, veniamo accolti dalle autorità locali con un caloroso brindisi di benvenuto, e assegnati poi alle rispettive famiglie ospitanti.
Il secondo giorno è dedicato interamente alla vista dei palazzi istituzionali UE, all’ex sede del parlamento europeo e alla corte dei conti. Nel vecchio parlamento europeo un funzionario UE, più precisamente un traduttore di emendamenti, ci spiega le varie mansioni che svolge e la procedura necessaria per la traduzione nelle 24 lingue ufficiali parlate nella Comunità Europea.
A poca distanza si trova la Corte dei Conti del Parlamento Europeo, un organo molto importante del quale molti ignorano pure l’esistenza. La Corte dei Conti nello specifico compie azioni di bilancio e di audit (controllo).
Il giorno seguente, con l’aiuto di una guida, abbiamo visitato la cittadina di Belval, nata dai resti delle ex acciaierie. Il governo Lussemburghese ha deciso di costruire un centro universitario, appartamenti, biblioteche, e una stazione per i treni in mezzo all’acciaieria dismessa. L’idea iniziale era quella di dare un volto futuristico alla città, mescolando il passato industriale con la realtà moderna e, a mio avviso, ci sono pienamente riusciti.
Per concludere al meglio questa avventura, l’ultima sera è stata organizzata una cena con i ragazzi e le famiglie ospitanti per un saluto e un arrivederci a Schio.

Sono partito per questa esperienza con qualche perplessità visto che non conoscevo nessuno dei ragazzi né tanto meno la famiglia che mi avrebbe ospitato. Durante il viaggio ho avuto l’opportunità di fare amicizia con gli altri ragazzi e di condividere con loro le preoccupazioni e le aspettative del viaggio. Devo ammettere che fin da subito mi sono trovato bene e tutt’ora ci teniamo in contatto.
L’esperienza in famiglia è stata stupenda, Christine e Thiery, la coppia che mi ospitava, sono stati sempre gentilissimi e cordiali. Ho trovato molto interessante e costruttivo il fatto di vivere per qualche giorno la loro quotidianità, non solo perché ho avuto la possibilità di scambiare qualche pensiero in inglese ma anche perché sono entrato in contatto con abitudini, stili di vita e culture diverse. Senza dubbio è stata un’esperienza costruttiva sia dal punto di vista relazionale che culturale.
Ci tenevo a ringraziare il C.R.E.U.S. per l’opportunità che mi ha offerto, la famiglia che mi ha ospitato e la prof.ssa Scortegagna che ha creduto e sostenuto il progetto.

Giovanni Calgaro